In cammino coi migranti del Messico, padre Solalinde: vale la pena rischiare per loro
Valerio Palombaro - Città del Vaticano
L’incertezza è il sentimento prevalente tra i migranti del Messico in questo Natale. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è imminente e, se per loro sarà ancora più difficile raggiungere il “sogno” degli Stati Uniti, c’è chi incoraggia i migranti a vedere nelle difficoltà un’opportunità: «Rimarranno qua in Messico, e sarà un bene per loro e per il Paese», dichiara padre Alejandro Solalinde al telefono dei media vaticani da Ixtepec, nello Stato messicano di Oaxaca.
L'opera di padre Solalinde
«Il Messico offre una protezione sociale molto maggiore rispetto agli Stati Uniti, dove l’assistenza dipende solo dai privati», spiega il religioso, una vita spesa per i migranti, che a Ixtepec gestisce da anni la casa di accoglienza “Hermanos en el Camino”. «Il Messico è uno dei pochi Paesi che riconosce i migranti come lavoratori internazionali sin dal 1941», aggiunge Solalinde, facendo notare che, soprattutto i giovani, «vogliono andare ossessivamente negli Stati Uniti» però «la Costituzione messicana e la legge migratoria del 2011 offrono loro scuole e assistenza medica gratuita, borse di studio e il diritto a lavorare». Tutte cose di cui non potrebbero usufruire negli Stati Uniti o in Canada. “Hermanos en el Camino” opera da anni in un contesto difficile per garantire ai bambini e ai migranti un futuro lontano da povertà e violenza. «Al momento ospitiamo circa 200 migranti, mentre in questi 20 anni abbiamo aiutato centinaia di migliaia di persone da tutte le parti del mondo, tranne Oceania e Europa».
Le minacce dei narcos
Ma stare al fianco dei migranti in Messico è pericoloso. E padre Solalinde ha avuto il coraggio di allestire un ostello per i migranti a Ixtepec, nelle terre dove imperversano narcos e trafficanti, a ridosso dei binari del famigerato treno-merci la “Bestia”, che ogni anno trasporta migliaia di migranti verso il confine settentrionale con gli Usa. Solalinde vive da anni sotto scorta. In particolare per l’aiuto offerto ai migranti senza documenti, gli “indocumentados”. Nel 2010 il sacerdote, asserragliato nella casa-rifugio di Ixtepec, ha resistito ai trafficanti del gruppo Los Zetas, che pretendevano la restituzione di 15 “indocumentados” scappati da un maxi sequestro. «Negli anni passati — spiega — in Messico si contavano fino a 10.000 migranti sequestri ogni sei mesi, di cui non si sapeva più nulla», mentre sotto la presidenza di Andrés Manuel López Obrador e ora di Claudia Scheinbaum sono stati fatti molti passi avanti. «I casi ora vengono perseguiti — afferma —. E ci sono sequestri più che altro isolati, non da parte dei grandi cartelli ma della delinquenza locale». Mentre stava valutando di non avere più la scorta — ci racconta — , quest’anno sono arrivate nuove minacce di morte per lui e per un giovane migrante nicaraguense torturato anni addietro da esponenti corrotti delle forze di sicurezza. «Stiamo ancora lottando per avere giustizia e ci hanno offerto fino a 10 milioni di pesos ciascuno in cambio del silenzio».
Un mondo più unito grazie ai migranti
Padre Solalinde non scende a compromessi e continua a rischiare la vita per i migranti: «Perché li amo profondamente: per me sono il volto di Gesù», ci dice con spontaneità. Il religioso definisce i flussi dei migranti «un segno dei tempi». «Sono sfollamenti originati soprattutto dal disfacimento del sistema liberale neocapitalista. Sono persone povere, che spesso vanno dal Sud al Nord. Vivono sulla propria pelle il disfacimento di un mondo egoista, un mondo che esclude e che non è per tutti. Per questo sono anche pionieri del futuro: il loro viaggiare ricorda a noi, ormai accomodati e aggrappati alle nostre certezze, che siamo tutti pellegrini. I migranti anticipano un mondo più unito e concepito come famiglia umana». Padre Solalinde esprime profondo apprezzamento per il Sinodo sulla sinodalità promosso da Papa Francesco. «Anche noi nella Casa Hermanos en el Camino pratichiamo la sinodalità», spiega, elogiando l’attenzione «esemplare» della Chiesa cattolica che con la sua opera offre sollievo alle sofferenze di milioni di migranti poveri nel mondo. «Sono molto fiducioso dei cambiamenti che stanno avvenendo attraverso il Sinodo sulla sinodalità — insiste Solalinde —. Nonostante le incertezze e le preoccupazioni, qua a Ixtepec festeggeremo il Natale tutti insieme con i fratelli migranti».
L'incognita Trump
Hermanos en el Camino è uno dei 130 alberghi per i migranti gestiti dalla Chiesa cattolica in Messico. In attesa del possibile impatto del ritorno di Trump, che in campagna elettorale ha annunciato un maxi piano di rimpatrio dei migranti, il numero di coloro che si ammassano alla frontiera con gli Usa è calato ne 2024 — dopo i picchi di 10.000 tentativi di ingresso al giorno del 2023 — per via delle politiche restrittive sulle richieste di asilo introdotte negli ultimi mesi da Biden. Ma in Messico tra gennaio e agosto 2024 sono stati segnalati più di 925.000 casi di migranti non regolari, in netto aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. «Noi siamo pronti per dare un’attenzione integrale ai migranti in Messico — conclude Solalinde —. La scorsa settimana la nostra casa di accoglienza ha ricevuto una certificazione che attesta la soddisfazione di ben 40 requisiti sulle garanzie sanitarie. Un riconoscimento del nostro lavoro e un segno di speranza per il futuro».
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