Acque contese nella Valle del Giordano
Roberto Cetera - Gerusalemme
Le acque del Giordano sono state elemento essenziale delle passate relazioni conflittuali tra Israele, Siria e Giordania. Ma c’è anche una dimensione del tema del controllo dell’acqua che, apparentemente minore rispetto alle mappe della geopolitica mediorientale, però impatta pesantemente sulle vite degli abitanti della Palestina. È la questione della privazione dell’acqua ai pascoli di ovini gestiti da famiglie palestinesi della cosiddetta Cisgiordania. Questione che è stata portata all’attenzione dei media internazionali dall’organizzazione umanitaria bi-nazionale, israeliana e palestinese, “Combattants for Peace”, che questa mattina ha svolto una manifestazione sul tema insieme ad attivisti della valle del Giordano.
Minacce, stress, difficoltà
Secondo gli organizzatori, l’amministrazione israeliana dei territori occupati mina sistemicamente le condizioni di vita dei pastori della valle restringendo l’accesso alle risorse idriche e limitando le aree di pascolo. Questo avviene attraverso la dichiarazione di “zona militare” a circa il 60% dei territori della Zona C (cioè quella parte dei territori palestinesi che negli accordi di Oslo del 1993 si era deciso di non sottoporre al governo dell’Autorità Palestinese ma di rinviare ad una successiva negoziazione, che però non ha mai avuto luogo). L’ulteriore minaccia ai pastori viene - secondo gli attivisti per la pace israeliani e palestinesi - dalle sempre più frequenti concessioni di terreno ai coloni israeliani, ai quali la terra viene affidata a prezzi estremamente inferiori ai valori di mercato. I coloni - denunciano gli attivisti di Combattants for Peace - usano diversi modi per disturbare l’attività dei pastori e delle loro famiglie: dalle incursioni dei droni, al controllo permanente di telecamere, l’attraversamento continuo di automobili a gran velocità in mezzo alle greggi, o la diffusione di musica ad altissimo volume per spaventare ed allontanare le pecore. Questo costringe non solo i pastori ma anche gli animali ad una vita di continuo stress e fatica nel correre tutto il giorno, con la conseguente perdita di latte e frequenti aborti spontanei.
La denuncia degli attivisti pacifisi
Per l’acqua, sempre secondo gli attivisti, il governo israeliano impedisce ai pastori palestinesi di scavare nuove cisterne di raccolta delle acque che scendono dai wadi e anche vieta l’acquisto degli strumenti necessari alla manutenzione di quelle già esistenti. Anche quando i permessi sarebbero tecnicamente legittimi, i pastori spesso rinunciano a richiederli per non incorrere negli ostacoli frapposti dalla amministrazione israeliana. Nella parte nord della Valle del Giordano, la Mekorot - che è la compagnia nazionale idrica di Israele - ha realizzato un acquedotto parallelo alla Alon road, il cui scopo e di rifornire di acqua gli insediamenti dei coloni, ma alle famiglie dei pastori è impedito allacciarvisi. Così come - denunciano ancora gli attivisti pacifisti - trincee e dossi sarebbero stati realizzati per impedire ai pastori di accedere alle loro sorgenti e riserve idriche. L’accesso attraverso cui è possibile raggiungere i rifornimenti di acqua viene aperto dai militari israeliani solo 4 ore al giorno, questo consente ai pastori di fare al massimo tre viaggi al giorno per prendere l’acqua. Il risultato è che lungo la valle del Giordano l’acqua costa mediamente sette volte in più che per le famiglie che vivono nella zona B, cioè quella in cui l’Autorità palestinese fornisce servizi. Questa situazione sta costringendo un numero sempre maggiore di famiglie a lasciare la zona C, con la piena soddisfazione dei coloni israeliani. Gli attivisti, oltre a manifestare contro questa palese ingiustizia, stanno ora aiutando i pastori a sfruttare la stagione corrente delle piogge, per riuscire a riempire il maggior numero di loro cisterne, rendendoli indipendenti per i prossimi mesi.
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