IA e democrazia, una sfida per il summit di Parigi 2025
Stefano Leszczynski - Città del Vaticano
“Nessun Paese può dirsi realmente al sicuro dai rischi di interferenza dell’intelligenza artificiale nei processi democratici e quello che è accaduto in molte parti del mondo nel 2024 lo dimostra chiaramente.” La necessità di sviluppare delle chiare linee d’azione da parte dei governi è una priorità, a spiegarlo è Florian Martin-Bariteau, esperto di tecnologie digitali dell’Università di Ottawa e membro del gruppo di ricerca che ha stilato un documento sull’utilizzo dell’IA nei processi elettorali, da presentare a Parigi, al Vertice per l'Azione sull'Intelligenza Artificiale il prossimo febbraio.
L'obiettivo della ricerca
A guidare il gruppo di lavoro, composto da otto esperti internazionali per l’analisi e la redazione del Global policy brief, è Catherine Régis, docente di diritto all’Università di Montreal, che incontrando la stampa presso la Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi) ha precisato: “Lo studio che sarà presentato al summit di Parigi non si riferisce solo al momento delle elezioni, ma si propone di essere uno strumento attraverso il quale i decisori politici possano accrescere le proprie competenze sull’intelligenza artificiale per comprenderne pienamente le potenzialità e i rischi”. L’obiettivo dichiarato del gruppo di ricercatori è quello di garantire che questa potente tecnologia sia impiegata al servizio della democrazia e dei diritti fondamentali, promuovendo trasparenza, equità e partecipazione inclusiva.
Accrescere le competenze degli Stati
“Gli eventi elettorali del 2024 – spiega Régis – ci hanno fornito molti esempi da cui trarre insegnamento proprio perché rappresentano l’occasione in cui l’intelligenza artificiale ha mostrato tutto il proprio potenziale di influenza”. Di qui la necessità per i governi di costruire nuove competenze all’interno degli organi adibiti al controllo del processo elettorale e di fornire alla società civile e alle istituzioni gli strumenti per decifrare ciò che avviene. “La creazione di nuove competenze – prosegue Catherine Régis – e di strategie condivise a livello internazionale è molto importante, anche se ci rendiamo conto che spesso in paesi diversi valgono regole diverse e che sia le sfide che gli strumenti a disposizione possono essere molto differenti a livello globale.”
Il ruolo dei privati
Il Policy Brief che verrà portato al summit di febbraio, assicurano gli esperti, è molto dettagliato – ma su questo viene mantenuto ancora uno stretto riserbo da parte degli autori - e molti governi potrebbero non apprezzare alcuni contenuti di indirizzo. Tra le questioni più delicate è certamente ricompreso il ruolo che giocano i grandi attori privati nel settore dello sviluppo dell’IA. “Si tratta di un abito – spiega l’esperto di tecnologia dell’Università di Ottawa – in cui si sta affermando una costellazione di startup medie e piccole, che sono più difficili da controllare rispetto alle grandi aziende che conosciamo. Una delle sfide più grandi – conclude Martin-Bariteau – sarà proprio quella di fare in modo che questi attori si rendano conto della grande responsabilità sociale e politica che hanno e, dunque, di imporre loro delle condotte per lo sviluppo dei loro sistemi nel rispetto delle regole democratiche”.
Ricercare un accordo condiviso
È necessario che al summit di Parigi emerga dunque una visione il più condivisa possibile e non si creino i presupposti per aprire un nuovo fronte di scontro in quella guerra a pezzetti così spesso evocata da Papa Francesco. “Quella della ricerca di strategie condivise a livello globale è proprio una delle esigenze che emerge dal nostro documento – conclude Catherine Régis – perché solo in questo modo sarà possibile che l’Intelligenza artificiale diventi uno strumento di difesa dei sistemi democratici e non una minaccia”.
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