Tajani: una conferenza di pace per l'Ucraina, anche con la Russia
Andrea Tornielli e Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Una conferenza di pace per l’Ucraina alla quale partecipino Russia, Cina, India e Brasile: è questo l’obiettivo al quale lavora il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che oggi è stato intervistato dai media vaticani. Tajani ha auspicato che in Siria siano tutelate e protette le minoranze religiose a cominciare da quella cristiana, si è augurato che l’Europa non perda la sua identità ed è tornato a parlare dell’integrazione dei migranti e del riconoscimento della cittadinanza italiana dopo un percorso scolastico.
Si conclude la Presidenza italiana al G7, il 2024 è stato un anno difficile, segnato dalla violenza e dalla guerra in Ucraina ma anche in Medio Oriente, in molte altre parti del mondo. Che bilancio si sente di fare?
Purtroppo un bilancio triste, perché abbiamo due guerre alle nostre frontiere. A est abbiamo la guerra in Ucraina e poi nel Mediterraneo c'è la guerra in Medio Oriente, che poi sono state più guerre, quella tra Gaza e Libano e poi la rivoluzione in Siria, e che anche lì ha provocato morti. Dobbiamo fare in modo che il 2025 sia un anno più foriero di buone notizie. Speriamo che si possa arrivare a un cessate-il-fuoco, e io sono ottimista da questo punto di vista, per quanto riguarda Israele e Hamas e Russia e Ucraina. Bisogna lavorare in questa direzione, così come si è ottenuto un risultato positivo in Libano, speriamo che - lavorando tanto con i canali diplomatici e anche con un'azione congiunta Stati Uniti e Europa – si possano convincere da un lato Putin e dall’altro Zelensky, sapendo bene che la responsabilità di ciò che è accaduto è della Federazione Russa e l'Ucraina è la vittima. Credo però che sia giunto il momento di costruire una pace giusta.
A proposito della Siria: la caduta di Assad è stata definita, anche da lei, come una svolta storica. Ci si augura che la transizione continui in futuro in modo pacifico. Che notizie ci sono sulla situazione?
I primi segnali sono positivi, sebbene sia vero che la guida oggi della Siria è in mano a ex combattenti dell’Is. Le richieste dell’Italia sono molto chiare: riconoscimento e tutela delle minoranze religiose, a cominciare dalle minoranze cristiane. Noi lavoriamo per questo, è fondamentale. L'altro obiettivo è l'unità dello Stato: occorre evitare il frazionamento della Siria, e poi si chiede di agevolare il rientro volontario dei rifugiati da Turchia, Giordania, e Libano. Si tratta di siriani scappati in occasione della guerra civile e speriamo che coloro che rientrano possano essere accolti, che non ci sia una stagione di persecuzioni. Noi vigiliamo, siamo presenti, discutiamo con i nostri alleati, con il G7, con l'Unione europea, con la Turchia che, a sua volta, ha chiesto all'Italia di continuare ad avere una presenza diplomatica e di tenere aperta la nostra ambasciata a Damasco. La Turchia sta facendo un po’ da garante della stabilità. Abbiamo chiesto, sia il presidente del Consiglio Meloni a Erdogan, sia io al ministro degli Esteri turco, una garanzia per le minoranze, in modo particolare per le minoranze cristiane.
Lei ha detto più volte che l'Italia è a fianco dell’Ucraina, che è un paese invaso. Secondo lei quali potrebbero essere le basi per una pace giusta? L'Europa potrebbe fare di più? Perché sembra che l’unica voce sia quella delle armi, del riarmo, e non lo sforzo diplomatico per il negoziato...
Stiamo lavorando per far sì che si possa finalmente avere una conferenza di pace analoga a quella che si è svolta in Svizzera prima dell'estate, con la presenza di Russia, Cina, India e Brasile, in modo che si possa sancire una tregua o un cessate-il-fuoco. Non possiamo lavorare ragionevolmente senza gli Stati Uniti, l'Occidente non può dividersi e, in ogni caso, si deve continuare a lavorare in sintonia con gli americani, che sono gli unici in grado di garantire la sicurezza dell'Ucraina, con una forza economica e militare che l'Europa non possiede. Senza gli Stati Uniti non si vince nessuna partita, credo quindi che si debba lavorare anche con la nuova amministrazione USA per aprire una nuova stagione che è quella del cessate-il-fuoco, senza che ciò significhi la sconfitta dell'Ucraina. Centinaia di migliaia di morti sono un dato che ferisce le coscienze di tutti, quindi la pace deve essere una priorità, lavorando insieme. L’Europa non può che essere l'alleato principale degli Stati Uniti in questa fase, e protegge l'Ucraina, che è candidata a far parte dell'Unione europea. Noi italiani abbiamo sempre detto in maniera molto chiara, anche quando abbiamo fornito materiale militare all'Ucraina, che siamo per garantire l'indipendenza dell'Ucraina e non siamo in guerra con la Russia. Abbiamo detto che le armi italiane non possono essere utilizzate in territorio russo perché non vogliamo che siano usate per un'offensiva, ma siano usate soltanto per la difesa, per proteggere la popolazione civile ucraina. L'Ucraina sa bene che le nostre armi non possono essere usate in territorio russo, perché noi non siamo in guerra con la Russia. La nostra posizione è molto chiara fin dall'inizio: difesa dei diritti dell'Ucraina, ma cercando di costruire la pace che sia una pace giusta, cioè quella che garantisce l'indipendenza e la libertà dell'Ucraina.
Ministro, oltre alla crisi ucraina attualmente guardando lo scenario europeo e quindi anche i segnali di crisi che emergono da vari Paesi, che cosa la preoccupa di più?
Mi preoccupa la situazione economica della Germania e della Francia. La situazione economica dell'Italia è migliore di quella di questi due Paesi, ma occorre evitare che la crisi dell'auto tedesca, quindi dell'industria tedesca, e la crisi di bilancio francese, contagino il mercato unico, l'Italia, altri Paesi, perché questo potrebbe essere pericoloso per l’economia. Fortunatamente la Banca Centrale Europea ha deciso, anche un po’ in ritardo secondo me, di tagliare il costo del denaro e così aiutare le imprese ad investire, le famiglie ad avere dei prestiti, e quindi anche i piccoli imprenditori a fare delle scelte più coraggiose. Serve poi che l’Europa non perda la sua anima, la sua identità, i suoi valori. Ricordo la battaglia contro la pena di morte, fortunatamente qualche risultato si è raggiunto, cresce costantemente il numero di Paesi che ci seguono per la moratoria della pena capitale, quindi questa credo che sia una scelta molto importante, che fa ben sperare, nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita a un'altra persona.
A proposito dei valori dell’Europa: tra quattro giorni inizia il Giubileo con il rito dell'apertura della Porta Santa. Una porta che si apre. Il Papa, anche nel recentissimo viaggio in Corsica, è tornato a esprimere la sua preoccupazione per il fatto che il Mediterraneo si sia trasformato in un cimitero invece di essere un crocevia di incontri di dialogo. Come affrontare il fenomeno delle migrazioni salvaguardando sempre la dignità umana, al di là dei facili slogan?
Il problema dell'immigrazione non può essere ridotto a un problema di ordine pubblico ma deve essere affrontato e risolto con una strategia a medio, a breve e a lungo termine. Bisogna sradicare le cause dell'immigrazione: le malattie, la povertà, il cambiamento climatico, il terrorismo, le guerre. Gran parte dell’immigrazione parte dall’Africa o da lì passa. Bisogna avere una strategia, il piano Mattei varato dal governo italiano va in questa direzione, quella favorire la crescita del continente africano che è un continente ricco, perché ricco di materie prime, dove però ci sono popoli poveri. C’è poi l’importante lotta al cambiamento climatico, ci sono le malattie, e stiamo lavorando molto a sostegno del progetto Gavi, che è guidato dall'ex presidente della Commissione europea Josè Barroso, che raccoglie finanziamenti per permettere anche la produzione in Africa di vaccini per garantire una vita più lunga ai bambini. Poi bisogna combattere i trafficanti di esseri umani, che sono gli stessi che trafficano in droga e in armi. D'altro canto bisogna favorire l'immigrazione regolare. In termini di porte aperte, e parlando non a nome del governo, ma da segretario di Forza Italia, io credo che l'integrazione debba concludersi con la concessione della cittadinanza italiana a chi è andato a scuola, ossia dieci anni di scuola devono essere un viatico per poi chiedere la cittadinanza italiana già a 16 anni, per poi ottenerla a 17 anni, 17 e mezzo. Un modo migliore anche della legge attuale che concede la cittadinanza a 18 anni e basta. Forse è meglio frequentare le scuole, è meglio dar vita a quello che io chiamo lo ius Italie, perché dopo dieci anni di scuola si conosce la storia, la geografia, l'italiano e quindi si ha tutto il diritto di diventare cittadino italiano, se si crede nell'Italia, nella sua storia, nei valori che rappresenta, anche se i propri genitori possono sono nati a Ucraina o in Costa d'Avorio.
Lei ha espresso la preoccupazione del governo italiano per la situazione delle minoranze, soprattutto per la sorte dei cristiani. Secondo gli ultimi report, sono 360 milioni coloro che subiscono discriminazioni e persecuzioni a vario titolo. Il governo italiano ha un inviato speciale per la promozione della libertà religiosa con particolare riguardo alle comunità cristiane nel mondo. Perché questo peggioramento?
Il cristiano è l'incarnazione della libertà, a certi regimi non basta che sia un buon cittadino, deve essere qualcuno che si piega alla dittatura ed esegue gli ordini di società che non vogliono la presenza di Dio. Ci sono poi realtà dove vige un'intolleranza di tipo religioso, e lì servirebbe combattere per la reciprocità. Ma ci sono Paesi musulmani - penso ad esempio al Bahrein ma anche gli Emirati - dove è riconosciuta la libertà religiosa. Da vicepresidente del Parlamento europeo sono stato responsabile del dialogo interreligioso, che è previsto nell'articolo 17 del Trattato dell'Unione europea. Ho lavorato tanto perché ci potesse essere questa comprensione, questo dialogo tra tutti i credenti. Il governo italiano segue molto attentamente questo problema, e io ho scelto di nominare un inviato, Davide Dionisi, che sta lavorando intensamente proprio per cercare di fare in modo che possa esserci sempre un maggior rispetto per chi professa la fede cristiana nel mondo, perché la convivenza tra le religioni è fondamentale per costruire la pace.
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