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Il Papa: indispensabile una sana laicità, Chiesa e istituzioni lavorino per il bene di tutti

Primo discorso di Francesco ad Ajaccio al Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo: la Corsica “esempio virtuoso in Europa” per il dialogo costante tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche. Monito del Pontefice a “vigilare” sulla pietà popolare perché non venga strumentalizzata “da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico”

Salvatore Cernuzio – Inviato ad Ajaccio

Guarda al Mediterraneo, Papa Francesco, a quel “grande ‘lago’ in mezzo a tre continenti”, “culla di civiltà” e “mare unico al mondo”, che brilla fuori dal Palais des Congrès di Ajaccio, prima tappa del suo viaggio in Corsica iniziato oggi, 15 dicembre. Il Pontefice conclude il congresso sulla Religiosità Popolare nel Mediterraneo, primo suo evento pubblico e principale motivo della visita, con un lungo discorso sui temi della fede, della pietà popolare e soprattutto della “sana laicità”. La laïcité, tra i principi costituzionali della Francia, che – dice Papa Bergoglio, mutuando le parole di Benedetto XVI nella Ecclesia in Medio Oriente – “garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose”. Una laicità intesa quindi come “unità-distinzione” e per questo “indispensabile”.

Su questo tema, voi siete in cammino da molto tempo e siete un esempio virtuoso in Europa. Andate avanti!

LEGGI QUI IL DISCORSO INTEGRALE DI PAPA FRANCESCO

Un momento dell'intervento del Papa al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
Un momento dell'intervento del Papa al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio

La due giorni sulla Religiosità popolare nel Mediterraneo

Ad ascoltare il Papa ci sono circa 400 studiosi, vescovi, accademici e rappresentanti di diverse aree affacciate sul Mare Nostrum. Lo accolgono con un lungo applauso nell’auditorium del Palais, dove il Pontefice fa il suo ingresso a fianco alle autorità locali e al cardinale François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio e artefice della due giorni. Prima, in auto prima chiusa e poi scoperta, il Papa ha attraversato il lungomare salutando la folla di fedeli per poi fare breve sosta al Battistero di Saint Jean, risalente al VI secolo ma scoperto solo nel 2005. 

Il Papa parla al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
Il Papa parla al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio

Culla di civiltà, scenario di miti, terreno di fede

Al Palais des Congrès, Papa Francesco inizia il suo discorso con un rapido excursus storico del Mediterraneo e delle civiltà che vi si sono sviluppate attorno. Ricorda come attorno a questo mare, scenario di miti e leggende, di comunicazione, di sistemi giuridici e istituzioni dai principi ancora “validi e attuali”, in oltre duemila anni “tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute”

In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della sua presenza e della sua Parola.

Partecipanti al congresso sulla piatà popolare ad Ajaccio ascoltano l'intervento di Francesco
Partecipanti al congresso sulla piatà popolare ad Ajaccio ascoltano l'intervento di Francesco

Apertura tra credenti e non credenti

Bisogna, tuttavia, “essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica”, afferma il Papa: "Questo è uno sbaglio!". Al contrario, dice, è importante riconoscere oggi “una reciproca apertura” tra i credenti, da una parte, che si aprono con maggiore serenità alla “possibilità di vivere la propria fede senza imporla”, e, dall’altra, i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa che “non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà” e che spesso hanno nel cuore “una domanda di senso” che li porta a “cercare valori fondamentali per il bene comune”.

Lavorare insieme per tutti, a partire dagli ultimi

Proprio questo, rileva il Papa, è il terreno in cui fedeli e istituzioni civili e politiche possono ritrovarsi per “lavorare insieme al servizio di ogni persona, a partire dagli ultimi, per una crescita umana integrale”. In questo senso la laicità non è “concetto statico e ingessato” bensì “evolutivo e dinamico”, capace di promuovere “una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio”.

Sana laicità significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due.

È così, assicura il Papa, che si potranno liberare “più energie e più sinergie”, “senza pregiudizi e senza opposizioni di principio”, in un dialogo “aperto, franco e fecondo”.

Un momento del congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
Un momento del congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio

La bellezza della pietà popolare

In questa cornice si coglie “la bellezza e l’importanza della pietà popolare”, secondo il nome – ricorda il Papa – dato da Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi, profondamente radicata in Corsica ed espressa con simboli, costumi, riti, tradizioni, processioni, attività caritative delle confraternite, Rosari e forme di devozione che alimentano tutte una “cittadinanza costruttiva dei cristiani”.

"Tante volte, qualche intellettuale, quale teologo, non capisce questo", dice il Pontefice, distaccandosi dal testo scritto. La pratica della pietà popolare, aggiunge “attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede”, che in essa “ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società”.

La pietà popolare, esprimendo la fede con questi gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale, e occasione di festa. È curioso: una pietà che non sia festosa, festiva non ha buon odore; non è una pietà che viene dal popolo. È una pietà troppo distillata…

Vigilare sulla pietà popolare

Rimane comunque, la pietà popolare, una realtà su cui vigilare perché, ammonisce Francesco, c’è il rischio che essa "venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti”

Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni civili e politiche e la Chiesa.

"La fede - rimarca il Papa - non rimane un fatto privato". A braccio invita a "stare attenti a questo sviluppo eretico della privatizzazione della fede".

Le "vicinanze"

Il Papa chiama perciò ad un impegno “verso tutti”, per “la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità”. Da questo humus può svilupparsi “il dialogo costante” tra mondo religioso e mondo laico. Da qui, un incoraggiamento ai giovani ad “impegnarsi ancora più attivamente nella vita socio-culturale e politica, con lo slancio degli ideali più sani e la passione per il bene comune”. Mentre a pastori, fedeli, politici e chiunque rivesta responsabilità pubbliche, il Papa raccomanda di “restare sempre vicini al popolo, ascoltandone i bisogni, cogliendone le sofferenze, interpretandone le speranze, perché ogni autorità cresce solo nella prossimità”.

I pastori devono avere queste vicinanze: vicinanza a Dio; vicinanza con gli altri pastori; vicinanza ai sacerdoti; vicinanza ai popoli, che sono così vicini. Questi sono i veri pastori. Ma il pastore che non ha questa vicinanza, neppure alla storia cultura, è semplicemente “monsier l’abbé”. Non è un pastore! 

Guarda il video integrale del Papa alla Sessione conclusiva del Congresso “La Religiosité Populaire En Méditerranée”

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15 dicembre 2024, 11:30