Ep. 360 - Papale papale - "Follia"
Benedetto XVI, udienza generale 27 gennaio 2010
Il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli del campo di concentramento nazista della città polacca di Oświęcim, nota con il nome tedesco di Auschwitz, e vennero liberati i pochi superstiti. Tale evento e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista.
Oggi, si celebra il “Giorno della memoria”, in ricordo di tutte le vittime di quei crimini, specialmente dell’annientamento pianificato degli Ebrei, e in onore di quanti, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida. Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani. La memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano.
Francesco, viaggio apostolico in Slovacchia, incontro con la comunità ebraica 13 settembre 2021
Qui c’era una sinagoga, proprio accanto alla Cattedrale dell’Incoronazione. L’architettura, come è stato detto, esprimeva la pacifica convivenza delle due comunità, simbolo raro e di grande portata evocativa, segno stupendo di unità nel nome del Dio dei nostri padri. Qui avverto anch’io il bisogno, come tanti di loro, di “togliermi i sandali”, perché mi trovo in un luogo benedetto dalla fraternità degli uomini nel nome dell’Altissimo.
In seguito, però, il nome di Dio è stato disonorato: nella follia dell’odio, durante la seconda guerra mondiale, più di centomila ebrei slovacchi furono uccisi. E quando poi si vollero cancellare le tracce della comunità, qui la sinagoga fu demolita. Sta scritto: «Non pronuncerai invano il nome del Signore» (Es 20,7). Il nome divino, cioè la sua stessa realtà personale, è nominata invano quando si viola la dignità unica e irripetibile dell’uomo, creato a sua immagine. Qui il nome di Dio è stato disonorato, perché la blasfemia peggiore che gli si può arrecare è quella di usarlo per i propri scopi, anziché per rispettare e amare gli altri.
Giovanni XXIII, discorso ai fedeli presso la Basilica inferiore di San Francesco d’Aassisi 4 ottobre 1962
Quarantaquattro furono gli anni della vita terrena di Francesco : la prima parte, circa metà, fu occupata nella ricerca del bene, come è comunemente concepito, e senza venirne a capo, per un non so che di disgusto che rendeva inquieto il figliolo di messer Bernardone. Ma l'altra parte della vita, fu data ad una avventura, che sembrò follia, ed era invece l'inizio di una missione e di una gloria imperiture. Questa missione e gloria Ci ispirano un voto che deponiamo qui per Assisi, per l'Italia, per tutte le Nazioni.
Città santa di Assisi, tu sei rinomata in tutto il mondo per il solo fatto di aver dato i natali al Poverello, al Santo tuo, tutto serafico in ardore.
Giovanni Paolo II, visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine 21 marzo 1982
Sono venuto per ascoltare, insieme con voi, le parole, forti e chiare, degli scomparsi, vittime della logica irrazionale e dissennata della barbarie omicida.
Qui, dove la violenza si è scatenata in smisurata follia, essi invitano tutti alla solidarietà, alla comprensione, e ci assicurano che la vittoria definitiva sarà quella dell’amore, e non quella dell’odio; essi ci avvertono che quando si nega e si offende Dio, si nega e si offende anche l’uomo, abbassandolo a strumento dei propri capricci, delle proprie ideologie, dei propri progetti di potenza e di sopruso; essi chiedono che il loro dolore non sia stato inutile per la società umana, e che Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo vivano nella giustizia, nella concordia, nella pace, nel vicendevole rispetto dei diritti. inalienabili della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 26).