Medici ucraini in formazione all'ospedale Bambino Gesù

Il programma di perfezionamento per i medici ucraini ha coinvolto le sedi di Palidoro e Santa Marinella dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Per la dottoressa Della Bella si è trattato di "uno scambio reciproco di conoscenza e crescita umana"

Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano

Sono dieci gli operatori sanitari ucraini - medici riabilitativi, fisioterapisti e logopedisti - coinvolti nel progetto di perfezionamento professionale presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Un percorso formativo reso possibile grazie alla collaborazione tra l'ospedale della Santa Sede e la Fondazione Soleterre, la Fondazione Zaporuka e il sostegno finanziario dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).

La testimonianza di Maryna

«Questo periodo di formazione in Italia è molto importante perché ci permette di migliorare le nostre competenze nella riabilitazione delle vittime di ordigni esplosivi che purtroppo nel nostro Paese sono tante, sia tra gli adulti che tra i bambini».  Maryna, è una dei dieci giovani professionisti ucraini che dall'inizio di dicembre è entrata a far parte del progetto diretto a rafforzare le capacità di risposta nelle emergenze e la cura delle vittime di ordigni esplosivi negli ospedali di Lviv, Kyiv e Dnipro.

Ospedali ucraini sotto attacco 

Secondo i dati più recenti dell'UNICEF, almeno 659 bambini sono stati uccisi e 1.747 feriti dall'inizio della guerra in Ucraina. Oltre a queste vittime, milioni di bambini ucraini continuano a vivere nell'incertezza a causa dei continui attacchi. Ciò comporta anche un significativo aumento del carico di lavoro per le strutture mediche, che a loro volta sono soggette a continui attacchi da parte dell'esercito russo. Almeno 1.673 strutture ospedaliere sono state danneggiate e altre 223 distrutte in modo irreparabile. Anche l’ospedale pediatrico Ohmatdyt a Kyiv, dove lavora Maryna, è stato colpito da un missile russo all’inizio di luglio scorso. Alla domanda se abbia mai pensato di lasciare la sua città o il Paese, la giovane donna risponde: «No, non ho mai avuto questo pensiero, perché credo che il problema non si risolva scappando. È molto importante rimanere e migliorare il livello della medicina e della fisioterapia. Noi possiamo studiare all'estero, ma dobbiamo riportare queste conoscenze e metterle in pratica in Ucraina».

Imparare e tornare a casa

Sul volto di Maryna e degli altri suoi compagni si legge quello che hanno visto e vissuto in questi tre anni di guerra. «Lo lasciano trapelare anche dal loro sguardo e dalla loro compostezza. – dice la dottoressa Gessica Della Bella, responsabile del Day Hospital Neuroriabilitazione e Attività sportiva adattata dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù a Palidoro e Santa Marinella. – Sono molto seri e credo che sia lo specchio di una grande sofferenza. D’altra parte c'è anche un grande carico di responsabilità che è stato dato loro: “Andate, formatevi e tornate pronti a mettere in pratica quello che avete appreso”. Ho percepito anche un forte entusiasmo. Per esempio, quando li abbiamo portati nel laboratorio per assistere all'analisi del cammino, sono rimasti veramente colpiti, hanno chiesto poi al tecnico di avere quel report (ovviamente senza dati anagrafici) del paziente per poter poi trasferire tutto questo nel loro Paese». «È molto utile per noi, – continua la specialista ucraina, – avere la possibilità di imparare dai colleghi italiani che hanno una certa esperienza in questo settore. La comunicazione con lo staff dell’ospedale continuerà anche quando torneremo a casa».

I bambini le prime vittime

La serietà e l'attenzione dei giovani professionisti ucraini si spiegano anche alla luce delle circostanze in cui sono abituati a lavorare. Per esempio, a Kyiv l’allarme antiaereo suona quasi ogni giorno. «Quando suona l’allarme, un po’ di paura c'è e questo può portare alla stanchezza fisica. Perché quando siamo emotivamente esausti, è più probabile che lo siamo anche fisicamente. Ma è molto più difficile per i nostri pazienti, perché durante ogni raid aereo devono andare al rifugio. Alcuni bambini hanno subito amputazioni o hanno politraumi complessi. È difficile per loro non solo fisicamente, ma anche psicologicamente: sentono continuamente le esplosioni. Noi cerchiamo di aiutarli a vivere tutto questo nel modo meno traumatico possibile, di fornire loro una terapia psicologica e fisica di qualità, di incoraggiarli ad avere emozioni positive e ad allontanarli da questa realtà negativa».

La missione del Bambin Gesù

«Il nostro ospedale è un punto di riferimento che prende in carico i bambini e i ragazzi non solo a livello italiano, ma anche a livello internazionale, – racconta la dottoressa Donatella Lettori, responsabile di Neuroriabilitazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù a Palidoro e Santa Marinella. – In particolare, la fondazione del Bambino Gesù ha attivato una serie di collaborazioni con Paesi esteri proprio per i bambini più fragili, che possono subire un disagio sia a livello sociale, che ambientale. Quindi anche i bambini che vivono in situazioni come quella dell'Ucraina, una situazione di conflitto bellico. E in questo modo c'è la possibilità di aiutare anche a distanza bambini che vivono all'estero formando gli operatori sanitari che sono presenti in questi Paesi. E proprio da questo nasce il progetto attuale che ha visto, sebbene in poco tempo – perché si tratta in realtà di 15 giorni – questa formazione di un personale sanitario – medici fisiatri, fisioterapisti che ci hanno affiancato in questo percorso di condivisione delle cure e nelle attività cliniche quotidiane».

Uno scambio reciproco

I professionisti ucraini, come ha spiegato la dottoressa Lettori, hanno affiancato i loro colleghi italiani nelle diverse tappe della giornata: dal briefing mattutino in reparto, alle attività cliniche durante le attività di palestra e fino al cosiddetto debriefing a fine giornata per ridiscutere dei casi. Il percorso formativo è stato utile non solo per gli ucraini. «Laddove c'è uno scambio tra operatori dello stesso ambito ma di diversi Paesi, quindi con un diverso vissuto, – afferma la dottoressa Gessica Della Bella, – с’è sempre una forma di crescita, una crescita sicuramente per i discenti, quindi per coloro che sono venuti a fare questa esperienza formativa, ma anche per noi che l'abbiamo offerta perché abbiamo ricevuto molto. ».

 

 

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13 dicembre 2024, 10:00