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“Giovanni 8, 44” un versetto spesso frainteso

Riflessione sulla Lettera del Papa ai cattolici del Medio Oriente

di Pino Di Luccio s.j.* e Etienne Vetö i.c.n.**

La recente e commovente Lettera del Santo Padre Francesco ai cattolici del Medio Oriente (7 ottobre 2024) è stata accolta con grande gratitudine da queste Chiese, che stanno vivendo un’immensa sofferenza. Purtroppo, ha suscitato anche alcune critiche nel mondo ebraico. La lettera cita frasi di Giovanni 8, 44:

«Gli uomini oggi non sanno trovare la pace e noi cristiani non dobbiamo stancarci di chiederla a Dio. Perciò, oggi ho invitato tutti a vivere una giornata di preghiera e digiuno. Preghiera e digiuno sono le armi dell’amore che cambiano la storia, le armi che sconfiggono il nostro unico vero nemico: lo spirito del male, che fomenta la guerra, perché è “omicida fin da principio”, “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44). Per favore, dedichiamo tempo alla preghiera e riscopriamo la potenza salvifica del digiuno!».

      Il testo del Papa ci esorta a pregare e digiunare per la pace e per la sconfitta dello spirito del male, il “vero nemico”. Tuttavia, le reazioni derivano dalla scelta di Giovanni 8, 44, uno dei versetti del Nuovo Testamento più spesso utilizzati nel passato per giustificare l’antigiudaismo e l’antisemitismo.

      Prendiamo il versetto nella sua interezza e nel suo contesto. La fine del capitolo 8 di Giovanni presenta le severe parole di Gesù ai «Giudei che avevano creduto in lui» (Gv 8, 31). Il tono diventa sempre più polemico riguardo alla loro paternità: Gesù mette in dubbio la loro pretesa di essere discendenti di Abramo (8,  39), poi, al centro della discussione, contesta il fatto che essi abbiano Dio come padre (8, 42; cfr. Dt 32, 6; Is 63, 16) e dichiara:

«Voi che avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio […]. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna»” (gli estratti citati dal Papa sono indicati con il corsivo).

I Padri della Chiesa hanno interpretato questo versetto in due modi1: Origene, ad esempio, affermava che esso riguarda tutta l’umanità, perché non siamo “figli del diavolo” per natura, ma scegliendo di compiere le sue opere e desiderando ciò che egli vuole (Origene, Commento a Giovanni, §191-194; cfr. l’adozione di questa lettura da parte di San Tommaso d’Aquino, Commento al Vangelo di San Giovanni, viii, n. 1240-1253). Cirillo di Alessandria e Giovanni Crisostomo, invece, pur ripetendo la lezione di Origene sul fatto che si diventa figli del diavolo per atti e intenzioni e non per natura, sottolineano che gli ebrei sono diventati figli del diavolo proprio perché hanno rifiutato Cristo e lo hanno portato alla morte. Crisostomo, in un contesto in cui cerca di persuadere i suoi fedeli di non andare in sinagoga, dichiara che mangiare o addirittura digiunare con gli ebrei equivale a condividere la tavola con i demoni: «È la morte che essi hanno inflitto a Dio che mi induce a chiamare [mensa dei demoni] il digiuno degli ebrei. Per quale ragione non si dovrebbero chiamare servi dei demoni coloro che agiscono in modo del tutto contrario al volere di Dio?».2

      Non possiamo fare qui una storia completa dell’uso di questo versetto, ma alcuni esempi ci mostreranno l’impatto di questa seconda interpretazione, che divenne predominante a partire dal periodo tardo medievale e moderno. Ad esempio, Lutero associò Giovanni 8, 44 alle accuse antiebraiche, ormai comuni, secondo cui gli ebrei avrebbero avvelenato pozzi, commesso omicidi e rapito bambini:

«Un cristiano non ha — dopo il demonio — nemico più velenoso e fiero dell’ebreo. Eppure noi non facciamo a nessuno tanto bene, e da nessun altro sopportiamo tanto male, quanto proprio da questi malvagi figli del demonio e razza di serpi!3».

      Non sorprende che Giovanni 8, 44 sia un testo particolarmente citato in questo senso nella propaganda nazista. In alcuni luoghi, la frase «il padre degli ebrei è il diavolo» veniva affissa sulle porte delle case dei villaggi. Anche i libri per bambini sviluppavano il tema degli ebrei come “assassini fin dal principio”, perché “hanno il diavolo per padre”: «Discendono dal diavolo. E poiché discendono dal diavolo, possono solo commettere un crimine dopo l’altro», “sono il diavolo in forma umana”4.

      Oggi abbondano su internet immagini che evocano Satana. Alcuni dei manifesti dei suprematisti bianchi che hanno marciato a Charlottesville nell’agosto 2017 recitavano “Gli ebrei sono i figli di Satana” e riportavano il riferimento a Giovanni 8, 44. Ancora più recentemente, Robert Gregory Bowers, l’assassino della sinagoga di Pittsburgh, ha giustificato le sue azioni dicendo: «Gli ebrei sono figli di Satana. Cristo Gesù è venuto nella carne...» (2 agosto 2023).

      Esegesi contemporanea di Giovanni 8, 44

      In questo contesto, è utile rivolgersi all’esegesi contemporanea di Giovanni 8, che ha approfondito il contesto storico e letterario del capitolo 8 e del quarto Vangelo nel suo complesso, e permette di prendere le distanze dalle interpretazioni che porterebbero a dargli una connotazione antisemita. È molto difficile ricostruire lo sfondo storico dei Vangeli e i commentatori non hanno raggiunto un consenso nell’interpretazione di questo versetto, ma alcune osservazioni possono essere illuminanti.

      Gesù nel vangelo di Giovanni è un Giudeo (cfr. Gv 4, 9) e quanto dice ai Giudei lo fa come membro di questo popolo. Lo stesso vale per l’evangelista. Nel vangelo secondo Giovanni i non Giudei sono pochi, e tutte le tematiche si capiscono all’interno del giudaismo del primo secolo d.C. Giovanni 8, 44 è parte di un discorso che Gesù pronuncia durante una festa di Sukkot o delle Tende (cfr. Gv 7, 2; Lv 23, 33-44). Nel testo che contiene questo discorso ci sono riferimenti a celebrazioni liturgiche della festa (Gv 7,37-39; 8,12; cfr. m Suk 4, 9-5,3) e passaggi polemici che riguardano la comprensione della messianicità di Gesù e del suo insegnamento (cfr. Gv 7, 25-31).

      Per favorire la comprensione di Gv 8,  44 vanno chiariti inoltre certi aspetti storici. Va ricordato innanzitutto il parallelo con gli scritti di Qumran dove i nemici (Giudei) della comunità (essena, dunque membri del popolo d’Israele) sono chiamati figli di Belial, cioè del diavolo (cfr. 4Q174). Non è perciò un caso isolato che nel primo secolo d.C. ricorrano questi “toni” tra gruppi giudaici. Questo si può notare anche nei moniti a gruppi di seguaci di Gesù, come dimostra la severa dichiarazione della Prima Lettera di Giovanni: «Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. […]. Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello» (1 Gv 3, 8.10). Il diavolo, in greco diabolos e in ebraico Satan, nella letteratura biblica è l’antagonista di Dio (e della fede), è un personaggio menzognero, e l’ispiratore di pensieri e azioni omicide (cfr. Sap 2, 24; Rm 5, 12; 1 Gv 3, 8). Con queste frasi nel contesto delle comunità giudaiche del primo secolo d.C. si vuole dire che chi ha abbandonato la fede agisce secondo i pensieri del diavolo che nella Bibbia è menzognero e contrario alla vita che Dio vuole donare ai suoi figli. La comprensione e l’attualizzazione di questo discorso dovrebbe tener conto del suo contesto originario e valere dunque innanzitutto per le comunità cristiane.

      Un altro dettaglio storico rilevante è l’identità dei Giudei del quarto vangelo, che non è sempre chiara e neppure sempre la stessa. Si può convenire ragionevolmente sul fatto che in Gv 8-9 non si tratti né di tutti gli ebrei dell’epoca di Gesù né degli ebrei delle epoche successive. In alcuni casi molto probabilmente si tratta di quei Giudei tra i capi del popolo che avevano creduto in Gesù (cfr. Gv 12, 42), come era il caso di Nicodemo citato nello stesso contesto un capitolo prima (cfr. Gv 7, 45-52). Nel nostro brano, Gesù si rivolge ai Giudei che hanno creduto in lui dicendo: «Se rimarrete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32). Sono coloro che non tengono fede alla sua parola, che lo hanno abbandonato e che lo mettono in discussione, ad essere accusati di avere il diavolo come padre. Questo brano è stato scritto dall’evangelista per convincere i suoi lettori a credere che Gesù è il Messia e il Figlio di Dio (Gv 20, 31), a rimanere uniti (amarsi gli uni gli altri, cfr. Gv 13, 34) e a stare lontano da coloro che non condividono la loro fede.

      Ci si può dunque chiedere se in Giovanni 8 si tratti di una polemica tra Gesù e i Giudei, o non piuttosto di un conflitto tra comunità giudeo-cristiane e tra queste e membri di alcune sinagoghe. Riferimenti a questo conflitto si trovano esplicitamente attestati nel quarto Vangelo (cfr. 12, 42; 16, 2), compreso il nostro brano (cfr. Gv 9, 22). Quindi, può essere che qui si tratti di una polemica tra gruppi di giudei cristiani. Una comunità giovannea nel contesto di una festa di Sukkot si rivolgerebbe a una comunità di Giudei che hanno creduto in Gesù e su cui non ci sono pareri unanimi puntualizzando le caratteristiche della sua messianicità, le sue parole e la sua interpretazione biblica sulla figliolanza, la verità, la libertà, ecc. Giovanni comunque riserva per lo più il termine ioudaioi ai giudei che non credono in Cristo. I discepoli non vengono mai definiti ioudaioi, pur essendo chiaramente ebrei. E sebbene Giovanni 8, 31 suggerisca che le parole che Giovanni attribuisce a Gesù siano state rivolte a un gruppo di ebrei che avevano precedentemente creduto in Gesù, l’uso di ioudaioi nell’intero Vangelo fa propendere per il generalizzare le accuse di quel capitolo a tutti gli ebrei.

      Un ulteriore commento alle espressioni usate in Giovanni 8 potrebbe essere utile a capire meglio i termini della polemica tra Gesù e i Giudei che avevano creduto in lui. È probabile che i versetti di Giovanni 8 evochino interpretazioni del racconto di Caino e Abele. È possibile cioè che questo racconto della Genesi con le sue interpretazioni facesse parte delle letture per la festa di Sukkot. I Targumim (antiche traduzioni aramaiche del testo ebraico) suggeriscono che Caino sia figlio di Eva e del diavolo (l’angelo maligno Samaele). Il Targum riporta anche che Caino e Abele erano impegnati in una discussione teologica che si concentrava in particolare sul merito dei padri e sulla ricompensa e punizione dei tempi finali, temi che occupano parte dei capitoli 8 e 9 di Giovanni5. Se qui c’è davvero un’eco di questo passo della Genesi e della sua lettura targumica, è comprensibile che i temi della fornicazione (Gv 8, 41), del desiderio dei Giudei di uccidere Gesù (Gv 8, 37), della menzogna e della filiazione diabolica, tutti echi delle interpretazioni della storia di Caino e Abele, facciano parte della polemica di Gesù con gli ebrei che hanno creduto in lui. Sono critiche gravi, ma più che accuse da prendere alla lettera, sono una serie di richiami — compreso il riferimento al diavolo — che mirano a sostenere la posizione teologica di Gesù, che “rende liberi” (Gv 8, 32) riprendendo la posizione teologica di Abele nei Targumim, e sottolinea l’indipendenza del premio e del castigo dai meriti e dalle azioni dei padri, in contrapposizione ai suoi interlocutori, che rappresentano le posizioni teologiche di Caino. Se attualizziamo questo brano, tenendo conto del suo contesto originario, i giudei che avevano creduto in Gesù diventerebbero gruppi di cristiani e il tono della polemica si riferirebbe a questioni teologiche con le loro implicazioni sociali e politiche.

      Proposta

      Il lettore moderno non è abituato a contestualizzare le letture bibliche e quelle del Nuovo Testamento. Le attualizzazioni dei testi biblici molto raramente tengono conto del contesto originario. Ecco perché il difficile testo di Giovanni 8 può essere frainteso e usato in modo improprio, giustificando così giudizi antisemiti alla luce di fatti storici e politici. Idealmente, Giovanni 8, 44 dovrebbe essere sempre accompagnato da spiegazioni come quelle presentate.

      Infatti, ogni testo della Sacra Scrittura che si riferisce al popolo ebraico deve essere letto tenendo conto dell’affermazione del Concilio Vaticano ii:

«Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (cfr. Gv 19, 6), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo» (Nostra Aetate, 4).

Questo dovrebbe valere anche per la lettera del Papa ai cattolici del Medio Oriente, in cui cita Giovanni 8, 44. Come ha di fatto detto lo stesso Santo Padre in una recente lettera “ai fratelli e alle sorelle di Israele”:

«Non posso che ribadire quanto i miei Predecessori hanno affermato: il rapporto che ci lega a voi è particolare e singolare, senza mai oscurare, naturalmente, il rapporto che la Chiesa ha con gli altri e l’impegno anche nei loro confronti. Il percorso che la Chiesa ha avviato con voi, l’antico popolo dell’alleanza, rifiuta ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo, condannando inequivocabilmente le manifestazioni di odio verso gli ebrei e l’ebraismo come un peccato contro Dio»  (Francesco, 2 febbraio 2024).

*Presidente del Collegium Maximum Pontificia Università Gregoriana

**Vescovo ausiliare di Reims e vescovo referente per le Relazioni con l’ebraismo della Conferenza dei vescovi di Francia

Note:

1 Per l’interpretazione dei Padri e di Lutero dei paragrafi seguenti, si veda Adele Reinhartz, “Children of the devil. John 8:44 and its Early Reception”, Jewish-Christian Relations, Insights and Issues in the ongoing Jewish-Christian Dialogue, iccj, 01/12/2022.

2 San Giovanni Crisostomo, Omelie contro gli ebrei, Collana “Il mistero d’Israele”, Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia 1997, “Prima omelia”, p. 34.

3 Martin Lutero, Degli ebrei e delle lore mensogne, Einaudi 2000, p. 203

4 Der Giftplatz, 1938, citato in Kathleen Gallagher Elkins, “The Jews as “Children of the Devil” (John 8:44) in Nazi Children’s Literature”, Biblical Interpretation 31, 2023, Brill, p. 375.

5 Cfr. Abraham Terian, “An Extended Refutation of Doctrinal Correlates in John 8-9”, in Novum Testamentum 66/1, 2024, 18-37

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04 dicembre 2024, 15:50